Al vagito del nascituro scocca la tromba della vita:«Una
chiamata ancora in penombra che, pian piano, si farà sentire e, più
avanti, si farà conoscere». Non
è destino, ma è la pura conoscenza di Colui che ti ha chiamato alla
vita, e che vede e conosce quel che saprai fare e che farai, come
svilupperai i talenti che Lui ti ha dato, e che tu hai accolto senza
saper d’accogliere, pur conoscendo gli errori del tuo cammino, le
lotte con il bene e il male. La
campana della conoscenza eterna ti ha dato una vocazione da seguire con
tutte le capacità necessarie per realizzarla, pur lasciandoti libero di
seguirne altre di cui sarai messo a conoscenza fin dalla tua tenera età.
Certo, però, che una chiamata è innata in te dal momento del tuo
concepimento, una chiamata che, se attuata, ti porterà sicuramente alla
salvezza, e forse anche alla santità. Dalla
penombra del seno di tua madre all’aurora del primo giorno, quando hai
aperto gli occhi alla vita e hai cominciato a conoscere il sole
distinguendolo dalla notte, tu hai sentito una forza che ti ha
trasportato al di là del tuo piccolo essere, ancora incapace di pensare
e, quindi, di decidere. Questa
forza s’incontra in questo mondo, ma non è di questo mondo. È una
forza che, pian piano, si rivela ai tuoi occhi sempre più chiara, e
mentre fai i primi passi, senti che ti conduce, che ti insegna dove e
come è meglio camminare. Tu,
vagando con gli occhi ancora semiaperti alla cognizione, quasi
trasportato dalla stessa Forza, vai alla ricerca di essa: guardi il
cielo e la terra, la piccola viola nascosta nell’erba, la
margheritina, il trenino che corre, la bambola che appena riesci a
stringer tra le mani, l’uccellino che vola, le ochette che sbattono le
ali nel rigagnolo, il bambino un po’ più grande di te, ma, come te,
ancora incosciente della grandezza d’una immensità che tutto avvolge,
tutti attira, tutto cerca di unire perché nulla si disperda. E più
passano i mesi e i primi anni, e più ti senti come coinvolto da un
qualcosa che esiste, ma ancora non conosci. Cominci
a balbettare le prime parole, e poi forse la Mamma o la Forza stessa ti
fa capire che questa è una potenza più grande di tutti gli uomini del
mondo, e più grande dello stesso mondo. Ti dice, senza averla ancora
conosciuta, che è quella che ha aperto la tua vita alla luce. Tu,
allora, la vuoi conoscere non già in penombra, ma nella chiarezza del
pensiero che anche quello è dono Suo. Cresci
negli anni, e beato te se hai incontrato chi ti ha aperto gli occhi e il
cuore e ti ha fatto conoscere che questo Essere straordinario si chiama
Dio. Vocazione
significa chiamata, chiamata a far qualcosa nella vita, ad essere
disponibile per qualcuno, a crescere nella conoscenza di questo Dio, a
imparare ad amarLo e servirLo. Questa
chiamata che ti ha rapito dal tuo concepimento e che si è fatta sentire
in tutti i momenti più evidenti del tuo sviluppo esteriore ed
interiore, viene da Colui che più di tutti ti ha amato perché
dall’eterno ti ha cercato fino ad entrare dentro di te. Consolati che
sei figlio Suo in qualunque stato tu ti trovi. In qualunque religione tu
hai posato i piedi non dimenticar che sei sempre figlio di Dio e, se non
hai ancora ricevuto il Sacramento del Battesimo, vai da un Sacerdote
cattolico e fatti lavare come il Figlio di Dio si fece lavare nelle
acque del Giordano da Giovanni il Battista. Non
è la superbia che costruisce la strada di una vocazione, ma è
l’Amore di questo Dio che ti trascina in uno spazio immenso, sul
giusto sentiero, pur lasciandoti libero di sceglierne altri, anche
quello della perdizione. La
vocazione è, perciò, la chiamata sulla via dell’Amore. Uno è il
sentiero dell’Amore, con attività diverse. Sta infatti scritto: nella
casa di mio Padre vi sono tante mansioni (cfr. Gv 14,2). Dio
è un Padre eterno che ha voluto manifestarsi ai Suoi figli su questa
povera terra, avere un nome, avere un tutore e una madre, prender, perciò,
carne come noi, poveri uomini, nascere nella povertà per dare
all’uomo un esempio di vita e far capire che non è la ricchezza che
dona la gioia e che porta alla salvezza eterna, ma, per Lui,
addirittura, la morte di croce, l’immolazione personale di Se stesso.
«Io quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a Me» (Gv 12,32).E
poi: devo andarmene, perché a voi venga lo Spirito Santo (cfr. Gv
16,7). Ecco il primo Fondatore: Gesù Salvatore che fondò la Chiesa,
Una, Santa, Cattolica e Apostolica. Per
la bocca dei puri di cuore lo Spirito Santo conduce ed aiuta a
rispondere a questa personale, profonda chiamata che la creatura sente
scritta nel profondo del suo cuore e che, talvolta, più si sforza di
non accettare, e più le cose vanno in modo tale che lei si trova già
incorporata in essa. Se
il sentiero dell’Amore è uno solo, come si può dire che le vocazioni
che portano alla salvezza e alla santità sono diverse? L’arma della
salvezza non è il luogo, ma il modo in cui uno vive in quel luogo. Esiste
la clausura, cioè l’abbandono totale del mondo, delle vanità della
vita, ma se uno non vive i Voti contratti con questo Dio e non osserva
le Costituzioni di quella spiritualità , a nulla gli vale essere chiuso
in Monastero. Anche
se uno sceglie una Congregazione Religiosa dove può essere a contatto
con i malati, con i poveri, con gli anziani, con i fanciulli, con i
privi di mente, con i carcerati, nelle missioni e in tanti altri luoghi,
deve attendere all’osservanza dei Santi Voti e delle Sante
Costituzioni. Se
pensi solo a te stesso, a farti una carriera, a diventare Superiore in
una comunità per essere qualcuno, o se ti impossessi dei beni della
comunità stessa con la speranza di poter lasciare il convento ed
arricchirti nel mondo, la tua consacrazione al Signore sarà un darla ad
intendere, un agire a doppia faccia. Nella consacrazione al Signore non
ci devono essere secondi scopi, perché Lui che tutto vede, può
arrestarti il cammino sul sentiero dell’Amore. E allora, stanco, ti
piegherai su te stesso, scoraggiato della vita. A
chi sceglierà gli ultimi posti, saranno dati i primi (cfr. Lc 14,10). Anche
libere nel mondo si può essere anime votate privatamente al Signore al
servizio dei fratelli in obbedienza al Padre Spirituale, perché non è
il luogo che fa i Santi: è la propria oblazione personale, il radicale
distacco e la totale rinuncia Anche
i chiamati al Matrimonio camminano sullo stesso sentiero dell’Amore,
se l’Amore è puro, è pieno, ha la retta intenzione di dare al
Signore una generazione di figli ben formati secondo la Sua legge. Certo,
una chiamata particolare è quella al Sacerdozio:«Vai, vendi ciò che
hai dallo ai poveri, poi vieni e seguimi» (Lc 18, 22). Il Sacerdote
deve essere un maestro di anime, ma uno non può dare ciò che non ha.
Se il Sacerdote non si occuperà di diventare santo, migliorandosi nelle
virtù, anziché essere maestro di bene nelle anime, diventerà un
commerciante dei propri falli. È dovere di ciascuna creatura pregare
per i chiamati ad esser gli eletti del Signore. Un
altro dovere è quello di non impedire ad alcun chiamato di rispondere
alla Volontà di Dio:«Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti» (Mt
22,14). Ma di chi sarà la colpa? C’è da fare un esame di coscienza. Se
ti senti chiamato a lavorare nel mondo come creatura legata a Cristo
come laico, per meglio essere a contatto con i fratelli, interpellaci:
questa è ora la missione di chi ti scrive. Chi vuol vivere la nostra
vocazione, vive la contemplazione nell’attività apostolica:«Parlare
con Cristo e nel silenzio ascoltarLo, per comunicare, al fratello che a
te si avvicina, la Divina Volontà».
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